Il divorzio nell'Italia dell'Ottocento
Progetti per l'introduzione del divorzio in Italia furono presentati dai liberali fin dal 1878 con la proposta Morelli, seguita dai progetti di legge Villa (1882-83), Villa-Zanardelli (1892), per
concludersi definitivamente con il progetto Zanardelli del 1901, in cui Croce ravvisava l’ultimo atto anticlericale del governo italiano.
Questa compresenza di motivazioni etiche e visioni anticlericali nella posizione liberale rispetto al divorzio fu efficacemente espressa da Giuseppe Manfredini nel 1895 nella voce
Famiglia del Digesto Italiano,la più importante enciclopedia giuridica del tempo. Manfredini rilevava tutte le ingiustizie e i danni generati dalla inscindibilità e presentava
il divorzio come destinato ad un'imminente approvazione. Il progetto Zanardelli (che contemplava sia l’abolizione maritale che l’introduzione del divorzio) verrà tuttavia bocciato nel 1902.
«101. I modi naturali di estinzione della famiglia sono due: la morte e il divorzio. La legge nostra non ammette che il primo modo. L'art. 148 del codice civile dichiara che il matrimonio non si
scioglie che colla morte di uno dei coniugi, e questo articolo toglie ogni dubbio sulla possibilità che si possa sciogliere in altro modo [...].
L'altro modo di estinzione della famiglia, il divorzio, lo abbiamo trovato presso tutti i popoli, arrivati a qualche grado d'incivilimento [...]. Il divorzio é modo così naturale di scioglimento
del matrimonio, che ebbe vigore sempre e dappertutto, finché gli uomini hanno ragionato senza artifizi gesuitici. Alla ragione e alla natura umana ripugna infatti che sia mantenuto un vincolo che
più non esiste, che sia più curata la forma che la sostanza, e perciò l'indissolubilità. costrittiva del matrimonio fu sempre sfavorevolmente accolta dai popoli ed ha recato sempre perfidi
frutti.
102. Malgrado, infatti, tutti gli artifizi adoperati per volere sostenere l'indissolubilità costrittiva del matrimonio, i coniugi hanno continuato a separarsi, quando cessarono di essere due in
carne una, per essere tre e forse più nella stessa carne, E se separati non poterono, per omaggio gesuitico alla forma, passare a seconde nozze legittime, passarono a nozze illegittime e cioè a
vivere in permanente adulterio o in permanente concubinato. E la Chiesa, curando sempre la forma e punto la sostanza, ha introdotto il sistema della separazione personale dei coniugi, che é il
peggiore dei modi per mettere lo sfacelo nella famiglia, perché é modo di legittimare la condotta immorale di uno dei coniugi, autorizzandolo a vivere separato dall'altro coniuge, e a formare una
sola carne con un terzo.
La nostra legge, che non ammette lo scioglimento del matrimonio che per morte, acconsente alla distruzione della famiglia per separazione personale dei coniugi nei casi seguenti: adulterio,
abbandono volontario, eccessi, sevizie, minacele gravi di un coniuge all'altro, la condanna di un coniuge ad una pena criminale, la mancanza di residenza fissa o conveniente, il mutuo consenso.
Legge incivile, perché lascia libero campo a processi scandalosi, a odi violenti, a turpi rivelazioni e mantiene gli sposi in uno stato d'infedeltà permanente, che riesce di triste esempio ai
figli, anche allora che tale infedeltà non si attua in uno stato di costante adulterio o di permanente concubinato. Legge iniqua, perché mantiene un vincolo fittizio, che rende impossibile la
costituzione di nuove famiglie oneste fra due che si amano disonestamente, perché non possono amarsi onestamente; che é causa di aumento di figliazione illegittima e adulterina, di frodi nella
trasmissione delle sostanze, di passioni feroci e di delitti; incentivo a vita disonesta; motivo di disordini, e di infelicità anche della parte onesta e della prole innocente. Legge insipiente,
perché conserva come cosa sacra un vincolo che più non esiste; vuole uniti due che l'odio separa; vuole fedeli due che l'infedeltà divide; vuole separati e casti due che si sono congiunti per
inclinazione opposta al celibato. Legge infine aristocratica, perché dell'istituto della separazione personale non può fruire la moglie del proletario se non a patto di patire la fame o di
abbandonarsi alla prostituzione.
103. il divorzio é ammesso in Inghilterra, in Russia, nella Svezia, nella Polonia, in Alemagna, in Danimarca, in Olanda, nel Belgio, in Francia e negli Stati Uniti d'America, cioè in quasi tutto
il mondo civile. È a sperare che venga introdotto anche in Italia poiché l'opinione pubblica vi diventa ogni giorno più favorevole e due progetti per attuarlo, proposti dal Villa e dallo
Zanardelli, ottennero già l'approvazione delle Commissioni parlamentari nominate ad esaminare quei progetti. I costumi nostri saranno senza dubbio migliorati. Imperocché il confronto fatto tra i
costumi famigliari dei paesi, ove il divorzio è ammesso, e quelli dell'Italia, della Spagna e del Portogallo, ove non é ammesso, dimostra che qui l'adulterio e il concubinato sono protetti e
favoriti più che altrove; qui sono più numerosi i coniugicidi; maggiore il numero delle unioni libere, dei figli naturali, dei figli adulterini; insomma maggiore la privata e la pubblica
corruzione. L'Italia non può tollerarlo più a lungo. Essa si è emancipata dal giogo straniero, deve emanciparsi e presto anche dalla falsa morale cattolica, che, sotto la forma
dell'indissolubilità costrittiva del matrimonio e, benedette dal sacramento, nasconde l'iniquità e l'immoralità le più nefande. [...]»
Giuseppe Manfredini, Famiglia, in Il digesto italiano, vol 11.1, Torino, Unione tipografico editrice 1895, 424-435
V. Caporrella, La famiglia. Un'istituzione che cambia, Archetipolibri, Bologna, 2008, 46-47 e 116-124.
B. Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, Adelphi, Milano, 2004, 221.
M. Seymour, Debating divorce in Italy. Marriage and the making of modern Italians, 1860-1974, Palgrave, Macmillan, New York, 2006, 35-134.