«Not only as a man, but as a British subject, I pray for the flourishing commerce of Germany, Spain, Italy, and even France itself. I am at least certain, that Great Britain, and all those nations, would flourish more, did their sovereign and ministers adopt such enlarged and benevolent sentiments towards each other».
Con questo augurio David Hume chiudeva il suo saggio sulla Jealousy of Trade, dato alle stampe nel 1758 in piena Guerra dei Sette Anni, il primo conflitto commerciale su scala mondiale, che vide quali rivali principali Francia e Gran Bretagna. A Hume si ispira il titolo del libro di Istvan Hont, una raccolta di sette saggi, vicini per materia trattata e metodologia, apparsi in volumi collettanei tra il 1983 e il 1994.
Jealousy of Trade si apre con una lunga introduzione inedita (156 pagine), che ha il compito di connettere in un unico tessuto narrativo i temi affrontati nei diversi contributi. Essa fornisce, così, una genealogia storica all'idea della "gelosia del commercio", espressione che si può rendere in italiano con "rivalità" economica, sebbene i riferimenti iconografici presentati da Hont mostrino differenze di significato per il vocabolario settecentesco. Secondo la sua ricostruzione, Hume conia questa espressione modificando e indirizzando al mercato la «Jealousy of Kings and Persons of Sovereign Authority», o «Jealousy of State» a cui Thomas Hobbes aveva dato un senso tutto politico. In questa metamorfosi tra Hobbes e Hume, per Hont, si definisce la politica moderna, nella quale ha peso determinante l'aspetto economico, estraneo alla concezione classica e rinascimentale, fino al Leviatano.
Il primo saggio è centrato su questo passaggio alla modernità. Inserendo la nozione di commercio nello Stato di natura hobbesiano, il giusnaturalista tedesco Samuel Pufendorf elabora un'idea "utilitarista" della sociabilità, che fornisce le basi concettuali alla teoria dei quattro stadi e alla definizione smithiana di società commerciale. Il volume si chiude alla fine del dibattito settecentesco, con un contributo che analizza i concetti di "Stato-nazione" e "nazionalismo" nel linguaggio politico della Rivoluzione francese - da Seyès ai giacobini. Al centro c'è il discorso politico dell'Illuminismo scozzese, dominato dai teorici e apologeti della società commerciale, Hume e Smith.
L'espressione Jealousy of Trade rimanda a una particolare congiunzione tra politica ed economia, che emerge quando il successo nel mercato internazionale diventa un problema di sopravvivenza militare e politica delle nazioni. Storicamente è alla fine del XVII secolo che la Monarchia britannica assorbe pienamente gli "affari del commercio" nella "ragione di Stato"; la Guerra dei Sette Anni cristallizza la nuova immagine della Gran Bretagna vittoriosa sul piano economico e militare, provocando per Hume la sua totale capitolazione alla logica della "rivalità nel commercio": l'economia diviene politica, la competizione del mercato globale si trasforma in una delle attività principali dello Stato.
Lo scenario che si presenta allo sguardo di Hume e Smith è quello, assai familiare al lettore odierno, del conflitto perpetuo per mercati e risorse. Ma la guerra non è conseguenza del commercio. Gli scozzesi non si stancano di affermarlo e Hont qui lo ribadisce con forza. Guerra e commercio sono mossi da logiche diversissime, opposte: se la prima è un «one-way affair» e necessita di un vincitore e un vinto, il secondo è inerentemente basato sulla reciprocità e sullo scambio. La società commerciale rappresenta il punto di arrivo di un processo iniziato tra "selvaggi" isolati e poco socievoli, che ha visto gli uomini progredire attraverso gli stadi di pastorizia e agricoltura e sviluppare - insieme al modo di procacciarsi la sussistenza, alle leggi e alle maniere - la propria attitudine sociale, il sentimento di simpatia. È un'idea di sociabilità che non si fonda sul senso innato di benevolenza di Francis Hutcheson, bensì sugli attributi amorali dell'animale umano, sul suo istinto di autoconservazione e sull'utilità reciproca: «It is not from the benevolence of the butcher, the brewer, or the baker that we expect our dinner, but from their regard to their own interest», scrive Smith in un noto passo della Wealth of Nations, «We addressed ourselves, not to their humanity but to their self-love, and never talk to them of our own necessities but of their advantages». La sociabilità non è una propensione naturale, immediata e istintiva, ma piuttosto un meccanismo di transazione reciproco che permette di sopperire agli aspetti più deboli della costituzione dell'uomo naturale. È il bisogno che, per gli illuministi scozzesi, porta società e cultura a progredire.
La Jealousy of Trade descrive, quindi, un processo di corruzione, che implica un innesto "patologico", nella politica moderna, tra la natura socievole del commercio e la natura asociale della guerra. Studiando le cause dell'interazione tra queste due logiche opposte, gli illuministi scozzesi avvertono il pericolo dello smembramento delle società e della perdita dell'umanità raggiunta. E cercano di scongiurarlo. Con l'affermazione che a creare la libertà moderna fu il commercio - e non eroi, re, statisti o il partito whig -, Hume e Smith avanzano un argomento forte per il liberalismo di Hont. Suggeriscono che la libertà non possa essere compresa in termini semplicemente politici e morali, ma debba venire considerata un prodotto della tensione peculiarmente moderna tra politica ed economia. Rispetto a ciò, la Rivoluzione francese rappresenta un «momento hobbesiano di fine Settecento», che lascia in eredità l'idea ambigua dello Stato-nazione.
Dopo il mito della fine della storia e la breve, quanto illusoria, euforia seguita al 1989, a rimanere è l'incongruenza tra i confini degli Stati nazionali e le frontiere in continua espansione del mercato globale, che ha sconvolto l'ordine del mondo moderno a partire dal XVIII secolo. All'inizio del XXI secolo, la Jealousy of Trade, la competizione internazionale, si ripresenta come problema e tensione inerente al liberalismo.